Un’interrogazione parlamentare sul 473-bis.27 c.p.c. tra salute, diritto e collaborazione istituzionale

Categories: Autorità Giudiziaria e Servizio Sanitario NazionalePublished On: 10 Giugno 2025Last Updated: 16 Giugno 2025Tags: , ,

L’interrogazione parlamentare a risposta in Commissione n. 5-03886, presentata il 16 aprile 2025 dall’onorevole Luciano Ciocchetti, rappresenta un segnale importante di apertura e di dialogo. Non solo per la qualità e l’equilibrio con cui solleva questioni delicate, ma soprattutto perché proviene da un parlamentare della maggioranza, a dimostrazione che il tema tocca corde profonde e trasversali nel panorama politico e istituzionale.

L’interrogazione, rivolta ai Ministri della Giustizia e della Salute, punta a chiarire e ridefinire i contorni applicativi dell’art. 473-bis.27 del codice di procedura civile, introdotto con la riforma Cartabia. Tale norma consente al giudice, nei procedimenti di separazione, divorzio e affidamento dei figli, di disporre l’intervento dei servizi sanitari, indicando l’attività clinica da compiere. Ma è proprio su questa “clinica per decreto” che sorgono interrogativi cruciali di natura giuridica, sanitaria e deontologica.

Il nodo critico: tra buona intenzione e cattiva applicazione

Come illustrato nel recente volume di Catello Parmentola e Marco Pingitore “L’intervento dei Servizi sanitari nei casi di separazione, divorzio e affidamento dei figli“,  l’obiettivo originario della norma — offrire un sostegno “riparativo” nei contesti familiari conflittuali — appare condivisibile. Tuttavia, ciò che è entrato in crisi è il “come” si è deciso di legiferare: un intervento normativo che tenta di incasellare l’azione sanitaria entro schemi giudiziari, finendo per snaturarla.

L’interrogazione recepisce questa problematica: richiede se sia opportuno intervenire normativamente per chiarire i limiti e le modalità di proposizione di interventi psicologici da parte del giudice, al fine di tutelare il consenso informato e impedire indebite pressioni nei confronti dei genitori coinvolti. La domanda è tanto giuridica quanto etica: può la libertà personale — costituzionalmente protetta — piegarsi all’urgenza di “correggere” comportamenti ritenuti inadeguati alla genitorialità?

Il consenso informato non è un orpello formale

L’interrogazione pone giustamente l’accento sul valore del consenso informato, sancito dall’art. 32 della Costituzione e dalla legge 219/2017. Un principio che non è mero adempimento burocratico, ma garanzia sostanziale di libertà. Imporre, anche solo implicitamente, trattamenti psicologici — come il sostegno alla genitorialità — può trasformarsi in un vero e proprio trattamento sanitario coatto, privo delle tutele che la Costituzione richiede.

Come ben argomentato nel libro, il sostegno psicologico e la psicoterapia non sono “interventi tecnici” applicabili su richiesta dell’autorità. Richiedono un’adesione libera e motivata, pena la loro inefficacia clinica e il tradimento della deontologia professionale. L’articolo 32 della Costituzione è inequivocabile: nessun trattamento può iniziare senza consenso libero e informato, salvo i casi di legge.

I servizi sanitari non sono ausiliari del giudice

Un’altra questione sollevata dall’interrogazione — e approfondita nel testo di Parmentola e Pingitore — riguarda la confusione di ruoli tra servizi sanitari e consulenti tecnici d’ufficio (CTU). Affidare ai servizi pubblici la valutazione delle “capacità genitoriali” significa caricarli di funzioni giuridiche che non rientrano né nelle loro competenze né nel loro mandato sanitario. Il concetto stesso di “capacità genitoriale”, come sottolineato più volte, è giuridico e non clinico.

Il rischio, tutt’altro che teorico, è quello di una delega impropria: al servizio sanitario viene chiesto non solo di curare, ma di giudicare, trasformando l’intervento psicologico in una forma di controllo sociale e giudiziario. In questa prospettiva, la domanda dell’onorevole Ciocchetti sull’opportunità di distinguere chiaramente i ruoli tra servizi e CTU è più che fondata: è urgente.

Un’interrogazione che accoglie una voce professionale

Ciò che rende questa interrogazione ancora più rilevante è il fatto che essa non nasce in un vuoto teorico, ma si inserisce in un dibattito vivo e informato, alimentato da documenti ufficiali di ordini professionali, da riflessioni accademiche e dalla realtà vissuta da centinaia di psicologhe e psicologi nei servizi pubblici.

Il volume di Parmentola e Pingitore, costruito con rigore e sensibilità, ha contribuito a portare alla luce una criticità che fino a poco tempo fa era vissuta quasi sottotraccia: quella dell’ambiguità normativa che carica i servizi sanitari di responsabilità giudiziarie e impone percorsi psicologici a genitori sotto la minaccia implicita di provvedimenti sfavorevoli. Una prassi che, come documentato, contrasta non solo con la Costituzione, ma anche con le sentenze della Corte di Cassazione (tra cui la n. 13506/2015 e la n. 17903/2023) e con il codice deontologico della professione.

Il bisogno di una riformulazione normativa

La vera posta in gioco non è l’abolizione della norma, ma la sua riformulazione. Nessuno nega l’importanza di accompagnare le famiglie nei momenti più critici della loro storia, né la necessità di collaborazioni istituzionali tra il mondo della giustizia e quello della salute. Tuttavia, come sottolineano gli autori del volume, servono «modulazioni formulative che non provino a ridurre diversità irriducibili, ma disciplinino corrette collaborazioni».

La richiesta dell’interrogazione di istituire un tavolo tecnico interministeriale va esattamente in questa direzione: avviare un confronto reale e competente per calibrare meglio gli strumenti, i limiti e le responsabilità di ciascun attore coinvolto.

Le istanze vive dell’AUPI: tutela di minori, genitori e professionisti

Sul questo fronte, emerge l’Associazione Unitaria Psicologi Italiani (AUPI): è l’unico soggetto istituzionale oggi impegnato in prima linea nel tutelare minori, genitori e dirigenti psicologi o specialisti ambulatoriali del SSN.

Il segretario generale Ivan Iacob, dirigente psicologo nel SSR del Friuli‑Venezia Giulia, ha ribadito con chiarezza che:

«L’utilizzo improprio degli psicologi nei procedimenti di famiglia (…) mina l’efficacia della sanità e può danneggiare interventi terapeutici che richiedono adesione libera»

L’AUPI, da posizione sindacale e istituzionale, segnala come questa “sanitarizzazione giudiziaria” danneggi:

  • i minori, perché vanifica misure di cura strutturate e vocate alla loro crescita;
  • i genitori, perché li vincola a percorsi sotto la minaccia implicita di conseguenze legali;
  • i psicologi del SSN, che vedono le loro competenze e responsabilità imprigionate in una funzione inedita e pericolosa .

Verso una prospettiva condivisa: la collaborazione istituzionale

L’interrogazione, illuminata da questa posizione dell’AUPI, assume una forte valenza politica: non vuole l’abolizione della norma, ma una riflessione comune, che comprenda:

  1. Una riformulazione dell’art. 473‑bis.27, capace di preservare la specificità dei ruoli giudiziari e sanitari;
  2. Garanzie concrete per il consenso informato, libero da condizionamenti;
  3. Chiarezza nella distinzione dei ruoli tra servizi sanitari e CTU;
  4. Un tavolo tecnico interministeriale, come lo stesso Ciocchetti propone, da cui l’AUPI potrà offrire un contributo professionale, per calibrare gli strumenti senza compromettere i saperi.

In chiusura: un’alleanza possibile

È quindi indubbio che l’interrogazione rappresenti – grazie soprattutto all’impegno unico dell’AUPI – una azione istituzionale che tende verso la tutela integrale dell’interesse del minore, senza svuotare i diritti costituzionali né strumentalizzare la professione psicologica.

La riforma sarà efficace solo se accoglierà questo triplice presidio – etico, clinico, giuridico – rinnovando davvero il dialogo tra salute e giustizia. L’AUPI, con la voce di Iacob, si erge per ora come la garanzia più autorevole di questo equilibrio.

Anche l’Ordine degli Psicologi della Calabria, nella precedente consiliatura con Presidente Armodio Lombardo, ha affrontato, per primo, questo tema nel 2017 e nel 2022.

Mentre il primo articolo di Marco Pingitore su questo tema risale al 2017.

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